Arischia e Val Chiarino nel passato
Storia della nascita di Arischia
Testimonianze del passato
Abramo Colageo Giovanna Mastrangelo
Sembra che Arischia abbia radici longobarde, tanto che F. Sabatini suggerisce la combinazione delle parole hari-mann (armanno, uomo libero a capo di un piccolo distaccamento militare) e sculca, posto di vedetta dell’esercito longobardo, da cui hari-sculca, parola contratta nel tempo in Ariscula, Ariscla e quindi Arischia.
Secondo questa ipotesi, dunque, Arischia doveva essere una arimanna longobarda, in origine localizzata in località Sarracciano, dove rimangno i ruderi, recentemente scoperti ed in fase di studio, “degliu Categlju” (A. Clementi – L’Arca una storia, un’arte).
Se abbastanza certe appaiono le origini longobarde degli antichi Arischiesi, nei primi anni del ‘900 Ariscula ospitò una consistente colonia di profughi Saraceni, scacciati dal Garigliano dopo aver occupato nell’anno 879, saccheggiato Farfa ed i suoi possedimenti nell’898.
I Saraceni, inizialmente confinati nella località ancora chiamata “Sarraciano”, devono avere in breve costituito una componente significativa cittadina, visto che compare nello stemma di Arischia la stella e la falce di luna saracena, simbolo dell’Islam. Con il passare dei secoli le due popolazioni furono fuse assieme, probabilmente anche a seguito della conversione al Cristianesimo dei musulmani ad opera dei Bendettini o dei religiosi del vicinissimo monastero equinoziano di San Severo.
Storia del bosco del Chiarino
Testimonianze del passato
Abramo Colageo Giovanna Mastrangelo
Il 16 Dicembre 1922 la Municipalità di Arischia acquistò dai marchesi Cappelli la montagna e il bosco di Chiarino, di circa 1800 ettari. Il grido festoso e impetuoso della popolazione riecheggiava nelle contrade del borgo: ” SIAMO finalmente RICCHI”. Il bosco – montagna costò lire 55000 e all’acquisto contribuirono le 600 famiglie arischiesi che versarono una somma proporzionata al numero degli animali posseduti e al reddito focatico. La montagna e il bosco vennero gestite dal Comune con una amministrazione separata dal 1923 al 1927. In seguito alla soppressione del Comune con decreto fascista, Arischia diventa frazione dell’Aquila e di conseguenza, perde anche l’amministrazione di Chiarino. Non ci addentriamo nel decreto soppressivo perché ci porterebbe ad allontanare dall’obiettivo. Veniamo, alla storia della Amministrazione di beni separati dei naturali di Arischia. L’atto di nascita della Amministrazione avvenne con decreto Prefettizio del 5 Febbraio 1946. Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale nella popolazione arischiese rinacque il desiderio dell’autonomia comunale. Il 2 Dicembre 1945, con una sottoscrizione di tutti i capifamiglia famiglia si denunciava, la vendita illegale da parte dell’Aquila, del convento di S.Nicola, circondato da terreni e bosco di querce secolari, che apparteneva dal 1200 ad Arischia. Il convento fu venduto per l’irrisoria cifra di 44.000 lire ai frati minori. Si rivendicava soprattutto l’acquisto del bosco Chiarino e si precisava che nell’Ottobre 1927 il Comune aveva portato nelle casse comunali dell’ Aquila 140.000 lire. Inoltre il Comune di Arischia aveva riattivato la scuola elementare maschile e femminile, aveva fatto preparare il progetto dell’acquedotto del Chiarino, aveva riparato il lavatoio pubblico. Nella sottoscrizione gli Arischiesi chiedevano il ritorno all’autonomia municipale per dimostrare di saper amministrare con competenza il proprio paese. Il risultato della sottoscrizione non ebbe effetto positivo per la ricostituzione del Comune di Arischia. Il Prefetto dell’Aquila con decreto n 2167 del 5 Febbraio1946, impose al Comune di Aquila di riconoscere la nascita dell’amministrazione separata dei naturali di Arischia. Bisogna ricordare che, Aquila, dal 1927 al 1945, aveva assunto anche l’Amministrazione della montagna e del bosco di Chiarino. E importante precisare che le Commissioni del 1946-1950-1953 furono nominate dal Prefetto di L’Aquila e che dal 22-3-1955 al 19-1-1958 il bosco fu amministrato dal Commissario Prefettizio Angelo Gualtieri. In seguito, la legge n. 278 del 1957 regolarizzò le norme delle elezioni della Commissione Amministrativa. La Cassazione, con sentenza del 18-12-1952, stabilì come principio di base quando in seguito ad annessione un Comune viene unito ad un altro – I POSSEDIMENTI DI USO CIVICO DEL COMUNE SOPPRESSO NON DIVENTANO BENI DEL COMUNE CHE ASSORBE – Nel caso nostro, L’Aquila nè assume l’amministrazione comunale, ma, NON SUBENTRA NEI BENI CHE RIMANGONO DI SOLO PROPRIETA’ DI ARISCHIA, COMUNE SOPPRESSO -. Per questo Arischia può amministrare i SUOI possedimenti. Una volta eletta la Commissione dalla popolazione residente, questa deve assicurare alla collettività il diritto di legnare, di pascolo, conservare l’habitat, di gestire i beni collettivi che appartengono ai dimoranti in Arischia. La Commissione, il cui mandato dura quattro anni, viene eletta dai residenti di Arischia. Nell’atto di acquisto si afferma che chi è nato e risiede in Arischia acquista i diritti del bosco, chi muore o non è più residente perde tutti i diritti. Il bosco in questione si trova in una valle ad ovest del Gran Sasso, nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga. Esso si sviluppa per diversi Km, con faggi di alto fusto che ha fornito legno attraverso i secoli agli ARCARI ARISCHIESI per costruire carretti, botti, aratri, sedie, arche per il pane e per granaglie e legna per il fuoco, il pascolo per gli allevatori e soprattutto legna. La prima attestazione del termine del nome Chiarino è in riferimento nel 1185 Feudo di Astenulfo, signore di Tempera con 17 fuochi (circa 90 abitanti). Alla fine del 1400 il Castello di Chiarino era diruto e i suoi abitanti si trasferirono ad Aquila, 5 fuochi invece si rifugiarono nel vicino Castello di Arischia. Le famiglie confluite in Arischia rivendicavano i diritti della montagna e del bosco a quelle rifugiatesi in Aquila che vendettero ai Cappelli il bosco e montagna di Chiarino alla metà del 1800, senza consultare i Chiarinesi trasferitisi in Arischia. Conseguenza fu che Arischia aprì una vertenza giudiziaria che durò circa 100 anni e si concluse con l’acquisto della montagna e bosco. Non possiamo non ricordare brevemente il DIRITTO che Arischia rivendicava. In un documento del 4 Luglio 1711, L’Università di Arischia fa ricorso alla Reggia Doganella con la quale si dichiara come Arischia possegga una montagna demaniale da tempo IMMMEMORABILE, montagna che confina con quella del Vasto, il territorio in questione non può essere che quello di Chiarino di cui i Chiarinesi trasferitisi in Arischia godevano insieme a quelli riparati in Aquila e per la quale pagavano 26 ducati annui per la fida pascolo e il permesso di fare legna, carboni, barili, tini, arche e per seminare. Numerose furono le occupazioni del bosco da parte degli Arischiesi: nel 1799, come capo dei sediziosi, fu denunciato il Sindaco Berardino D’ascenzo; nel 1901, furono arrestati 71 cittadini di Arischia condannati in primo grado e assolti in appello il 21 Agosto 1901. La difesa degli arrestati fu affidata all’avvocato Prof. Enrico Ferri, socialista e padre del diritto penale. Nel 7 Giugno 1920, 9 contadini di Arischia vennero condannati ad alcuni mesi di carcere e a lire 905 di multa, multa che fu pagata dalla Municipalità arischiese (delibera del 1 Agosto 1923), con i soldi della gestione separata del bosco.
Il 16 Dicembre del 1922 Il bosco e la montagna di Chiarino sono divenuti proprietà esclusiva del popolo arischiese. Il Prof. Enrico Ferri, in un comizio tenuto ad Arischia nel 1920, aveva definito lo stesso bosco – LA VIA CRUCIS – degli Arischiesi. Tutte le famiglie vengono tassate dal Comitato per l’acquisto della montagna e del bosco di Chiarino, in base al reddito focatico e agli animali posseduti. Gli cittadini di Arischia furono tanto determinati per riprendersi il bosco e la montagna di Chiarino fonte della loro sopravvivenza, per questo si rivolgono ad alcuni avvocati,principalmente all’avvocato Ubaldo Leopardi. Vogliamo riportare una citazione di Colapietra sulla Rivista Abruzzese del 5-5-2004. E’ tra i più vivi miei ricordi aquilani di or è mezzo secolo, ed anche più, lo spettacolo invernale dei vetri annebbiati dell’allora caffè Pasqualucci sotto i portici, dietro i quali, in una nuvola spessa di fumo, si riuscivano a distinguere Ubaldo Leopardi breve panciutello,ed intorno a lui uomini ammantellati che più o meno docilmente lo stavano ad ascoltare. Erano coloro i naturali di Arischia…. e l’oggetto del loro ascolto, e di una controversia interminabile, era uno, ed uno solo, Chiarino. Dice benissimo Clementi nelle pagine introduttive del libro (Chiarino. Rocce, piante, animali, uomini) che Chiarino ad Arischia è come l’aria che si respira. In appendice vengono riportati: un sunto della controversia tra Arischia ed i marchesi Cappelli per il bosco Chiarino; i termini della montagna e del bosco di Chiarino; il regolamento per l’acquisto della montagna Chiarino; le famiglie che hanno versato la somma per l’acquisto; l’invasione da parte degli Arischiesi nel bosco di Chiarino; l’occupazione della montagna del 1799, 1901 e 1920 con alcune sentenze e alcuni documenti.
L’Arca Arischia, Fuori porta la montagna
Antinori A. L. Coreografia
Cavalli E, La grande Aquila